(massima n. 1)
In tema di giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Suprema Corte, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata; e ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza che egli possa essere condizionato da valutazioni di merito eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, non essendo compito di quest'ultimo sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti; e potendo semmai valere tali momenti valutativi contenuti nella sentenza di annullamento come meri punti di riferimento al fine della individuazione del vizio motivazionale ma non come punti fermi che si impongano per la nuova decisione. (In motivazione, si è altresì precisato che il fatto che la Suprema Corte soffermi eventualmente la sua attenzione su alcuni particolari aspetti da cui emerga la carenza o la contraddittorietà della motivazione non implica che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti specificati, quasi che questi possano essere considerati isolatamente rispetto al restante materiale probatorio, conservando invece egli «gli stessi poteri» che gli competevano originariamente quale giudice di merito relativamente alla individuazione e alla valutazione dei dati processuali, nell'ambito del capo della sentenza colpito da annullamento).