(massima n. 1)
Il fatto illecito, di carattere istantaneo, posto in essere da chi, nell'edificare un fabbricato, provochi un dissesto statico al fabbricato esistente sul suolo adiacente, produce un danno costituito dalla diminuzione di valore subita dal fabbricato danneggiato, la quale va calcolata individuando il valore di quest'ultimo (inteso come bene risultante dall'insieme del suolo e dell'edificio sopra costruitovi) prima del dissesto, stabilendo quale parte del valore sia da imputare alla componente suolo e quale alla componente edificio (cioè, quale parte corrisponda al valore del capitale immobilizzato nel suolo e quale al valore immobilizzato nella costruzione), depurando il valore del fabbricato dalla componente valore del suolo e ponendo, infine, a raffronto lo stato del fabbricato prima e dopo l'evento, sì che la perdita subita dal proprietario dell'edificio danneggiato risulti individuata dall'indicato rapporto, riferito all'ultimo valore ottenuto. Tali operazioni devono assumere a base la condizione giuridico-economica del bene e, quindi, il valore del fabbricato e della prima delle sue indicate componenti al momento dell'evento dannoso, rivalutando il valore così ottenuto alla data della decisione. (Nella specie, successivamente all'evento dannoso, il proprietario dell'edificio danneggiato prima aveva demolito il fabbricato e poi aveva venduto il suolo. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale non aveva calcolato la perdita subita all'epoca dell'evento, traducendola in valori monetari di quel momento e poi in valori monetari alla data della decisione, bensì aveva tenuto conto del valore che la componente suolo aveva assunto alla data in cui esso era stato rivenduto).