(massima n. 1)
In tema di confisca di immobili serviti a commettere il reato di sfruttamento della prostituzione, deve essere ritenuta incensurabile la sentenza che l'abbia disposta sulla base di congrua motivazione circa il pericolo che l'ulteriore disponibilità degli stessi, da parte dell'imputato, costituisca ragione incentivante alla reiterazione della condotta criminosa, resa ancora più probabile dai suoi numerosi precedenti specifici, dai quali sia tratta altresì la dimostrazione del nesso strumentale di esclusiva destinazione di detti immobili all'esercizio della prostituzione (hanno, al riguardo, i giudici di secondo grado sottolineato che l'imputato ha “regolarmente” — nel senso di scelta costante e metodica — “ceduto tutti gli appartamenti in sua proprietà” per l'esercizio del meretricio: attività nella quale continuerebbe, ove ne restasse in possesso). Trattasi, infatti, di valutazioni di merito ineccepibili sotto il profilo logico-giuridico e non contrastanti con il principio di effettività causale, che deve contraddistinguere il nesso tra disponibilità della cosa e sua inequivocabile destinazione alla commissione del reato: destinazione che non va necessariamente ricavata da elementi oggettivi, inerenti alla struttura della cosa, potendo tale nesso strumentale desumersi dalla condotta del soggetto, che, secondo adeguato apprezzamento di merito, risulti univocamente e costantemente volta all'uso della cosa stessa in funzione della consumazione di reati.