(massima n. 1)
In tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, il profitto del reato oggetto della confisca di cui all'art. 19 del D.L.vo n. 231 del 2001 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, non può essere considerato tale anche l'utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell'esecuzione da parte dell'ente delle prestazioni che il contratto gli impone. (In motivazione la Corte ha precisato che, nella ricostruzione della nozione di profitto oggetto di confisca, non può farsi ricorso a parametri valutativi di tipo aziendalistico — quali ad esempio quelli del « profitto lordo» e del « profitto netto» —, ma che, al contempo, tale nozione non può essere dilatata fino a determinare un'irragionevole e sostanziale duplicazione della sanzione nelle ipotesi in cui l'ente, adempiendo al contratto, che pure ha trovato la sua genesi nell'illecito, pone in essere un'attività i cui risultati economici non possono essere posti in collegamento diretto ed immediato con il reato).