(massima n. 1)
In tema di reati edilizi, la subordinazione della sospensione condizionale della pena all'esecuzione della demolizione da parte del condannato non è legittima, poiché: 1) il legislatore ha disciplinato la materia delle sanzioni amministrative in modo autonomo, conferendo al giudice ordinario un ruolo di mera supplenza, e lasciando intatta in capo all'amministrazione, nel cui patrimonio è acquisito il bene, ogni decisione definitiva sulla destinazione del medesimo, che può anche essere utilizzato per prevalenti interessi pubblici; 2) non è vero che a seguito dell'intervento dell'A.G. la pubblica amministrazione perda il potere di iniziativa poiché tale limitazione dei poteri del consiglio comunale non trova riscontro nell'art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47; 3) ogni volta che il legislatore ha voluto conferire al giudice penale un potere più penetrante lo ha detto espressamente, come nel caso di confisca conseguente a lottizzazione abusiva (art. 19); 4) l'art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, nel prevedere, per gli abusi commessi dai condannati per il delitto di cui all'art. 416 bis c.p., la confisca - da eseguire attraverso l'acquisizione al patrimonio indisponibile del comune - dimostra che, se il legislatore ha dato prevalenza alla pubblica amministrazione per un caso ritenuto di particolare gravità, non ha attribuito prevalenza con riferimento al potere di eseguire demolizioni alla giurisdizione ordinaria per le ipotesi comuni di reato edilizio; conferma ulteriore si desume dalla sospensione dell'azione penale fino alla decisione dei ricorsi innanzi alla giurisdizione amministrativa (art. 22 legge 47/85, come modificato dall'art. 7 D.L. 400/95).