(massima n. 1)
In materia di circostanze, l'attenuante di cui alla seconda ipotesi dell'art. 62, n. 6, c.p. è di natura soggettiva e trova la sua giustificazione nella minore capacità a delinquere del colpevole, il quale, per ravvedimento, dopo la consumazione del reato, ma prima del giudizio, si adopera per elidere od attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. Sicché essa, che è eccezionalmente operativa dopo la consumazione del reato, non è concepibile in relazione ad un comportamento processuale di collaborazione con gli organi inquirenti, quando tale collaborazione non appaia collegabile alla minore capacità a delinquere o al ravvedimento nei termini innanzi indicati, ma ispirato a calcoli utilitaristici di riduzione della pena o quando la confessione non ha alcuna incidenza reale né potenziale sull'elisione o attenuazione delle conseguenze dannose del reato. (Nella fattispecie — in tema di concorso nel reato continuato di cui all'art. 71, L. 22 dicembre 1975, n. 685 — è stato rigettato il ricorso contro la decisione del giudice di merito, secondo cui la confessione dell'imputata era stata non spontanea, per essere stata successiva al rinvenimento nell'abitazione coniugale di copioso numero di ovuli d'eroina, era servita soltanto a rendere più agevole il giudizio di responsabilità nei confronti dei coimputati, peraltro confessi, ma non anche a consentire che le indagini potessero allargarsi oltre il ristretto gruppo già raggiunto da prove sicure per individuare il fornitore del corriere internazionale).