(massima n. 1)
L'elemento soggettivo del reato deve essere desunto, sul piano della concretezza processuale, cioè della prova, principalmente (quando manchino le ammissioni) dalle azioni che, estrinsecando le intenzioni, sono sintomatiche della volontà in tal modo esteriorizzata. Pertanto, in relazione al delitto di strage, caratterizzato dal dolo specifico costituito dal fine di uccidere, tale fine può essere desunto dagli elementi probatori, concreti e non meramente ipotetici, i quali diano sicura certezza della presenza di siffatto tipo di dolo. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso con il quale il P.M. sosteneva la sussistenza del delitto di strage, la S.C. ha rilevato che nella motivazione della sentenza impugnata sono stati tenuti presenti numerosi fattori i quali non consentivano di ritenere «con certezza la previsione e l'accettazione del rischio di uccidere»; che tale giudizio è stato espresso pur tenendo conto dell'impiego di benzina sull'unica porta di una abitazione molto piccola occupata da otto persone, in preda al sonno, sì da determinare una situazione di grave ed effettivo pericolo, ma con condotta che, per plurimi ed indicati motivi ben precisi, portò la morte soprattutto a causa di una serie di fattori concomitanti, in gran parte indipendenti dalla volontà e dalla stessa conoscenza degli attentatori).