(massima n. 1)
Con riferimento al procedimento monitorio, soltanto nel giudizio di cognizione, instaurato a seguito di rituale e tempestiva opposizione all'ingiunzione, il giudice può statuire sulla pretesa originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni e difese contro di essa proposte. Ne consegue che, decorso inutilmente il termine per proporre l'opposizione ed in assenza di situazioni suscettibili di giustificare l'opposizione tardiva di cui all'art. 650 cod. proc. civ., l'esercizio del detto potere-dovere del giudice è impedito dal passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, mentre la possibilità di una autonoma "actio nullitatis" resta limitata ai soli casi riconducibili al concetto di inesistenza, nei quali difetti alcuno dei requisiti essenziali per la riconoscibilità del decreto come provvedimento giurisdizionale, e non, invece, alle ipotesi in cui ricorrano vizi attinenti al contenuto ed al merito del provvedimento monitorio, ancorché emesso fuori dei casi stabiliti dalla legge. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che, in ragione del carattere tardivo dell'iniziativa assunta ex art. 645 cod. proc., dovesse ritenersi precluso, nel giudizio di opposizione, l'esame della questione relativa alla "legitimatio ad causam" del ricorrente in sede monitoria).