(massima n. 1)
In tema di esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, il provvedimento che il pretore pronuncia, ai sensi dell'art. 612 c.p.c., per determinare le modalità dell'esecuzione, stabilendo il modo in cui, in concreto, deve essere eseguito ciò che illegittimamente non è stato fatto o deve essere distrutto ciò che illegittimamente è stato fatto, e designando altresì l'ufficiale giudiziario e le persone che devono provvedere all'attuazione pratica della volontà della legge accertata nel titolo, ha natura ordinatoria e configura un atto esecutivo, come tale impugnabile, da parte dei soggetti interessati, soltanto con l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c. Qualora, nelle more di detto giudizio, il giudice dell'esecuzione modifichi l'ordinanza impugnata, dando luogo a un provvedimento ricognitivo di quello precedente, detto provvedimento, in quanto privo di contenuto precettivo autonomo, non ha bisogno di essere a sua volta impugnato, poiché l'opposizione già proposta è idonea a rimuovere gli effetti scaturenti da quello precedente. (Nella specie, l'ordinanza impugnata, da un lato, aveva impartito indicazioni circa le modalità di esecuzione del titolo, cagionando per questa parte la declaratoria di cessazione della materia del contendere, dall'altro, aveva confermato la pronuncia sulle spese resa nel precedente provvedimento, su cui la sentenza confermata dalla S.C. si è validamente pronunciata).