(massima n. 1)
Nel procedimento d'appello in materia di lavoro o di previdenza e assistenza obbligatorie, i vizi della vocatio in ius consistenti nell'omissione o nella nullità della notificazione del ricorso, ovvero (come nella specie) nella nullità dipendente dalla concessione all'appellato di un termine a difesa inferiore a quello previsto dall'art. 435, terzo comma, c.p.c., non determinano l'inammissibilità dell'impugnazione, se il deposito del ricorso, integrante l'editio actionis, è avvenuto entro i termini di decadenza stabiliti per l'appello, e neanche comportano l'improcedibilità del gravame, dato che può operare — anche nel caso in cui siano ormai scaduti i termini per l'impugnazione — la sanatoria per effetto della costituzione in giudizio dell'appellato o, in mancanza di questa, della rinnovazione della notificazione entro il termine perentorio che allo scopo deve assegnare il giudice, in applicazione dell'art. 421, ovvero anche di una lettura estensiva dell'art. 291, in caso di assegnazione di un termine a difesa insufficiente. In quest'ultima ipotesi, le indicate modalità di sanatoria con efficacia ex tunc sono giustificate anche dall'applicazione analogica delle disposizioni contenute nel nuovo testo dell'art. 164 c.p.c. (ove la nullità si sia verificata nel tempo successivo all'entrata in vigore delle relative disposizioni della legge n. 353 del 1990), salva la fissazione di una nuova udienza nel rispetto del termine di comparizione, ove la violazione dello stesso sia dedotta dal convenuto in sede di costituzione.