(massima n. 1)
Nel rito del lavoro, i mezzi di prova ed i documenti che, a pena di decadenza, il ricorrente deve, in forza degli artt. 414, primo comma, n. 5, e 415, primo comma, cod. proc. civ., indicare nel ricorso e depositare unitamente ad esso sono quelli aventi ad oggetto i fatti posti a fondamento della domanda e, tra questi, non č riconducibile il contratto o l'accordo collettivo qualora esso debba costituire un criterio di giudizio. Infatti, anche prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 40 del 2006 che, nel modificare l'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ha posto sullo stesso piano, tra i motivi di ricorso, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro, onerando il ricorrente per cassazione di depositare il testo di quest'ultimi (art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., come modificato dal citato d.lgs. n. 40), il codice di rito risolveva il problema della conoscibilitā della regola di giudizio affidando al giudice, senza preclusioni, il potere di chiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti o accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa (art. 425, quarto comma, cod. proc. civ.), i quali, pertanto, seppur non formalmente inseriti fra le norme di diritto, rimanevano, sul piano dell'acquisizione al processo, distinti dai semplici fatti di causa. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio anzidetto, ha rigettato il motivo di ricorso con il quale era stata dedotta la violazione degli artt. 414 e 415 cod. proc. civ. per avere il giudice di appello fondato la propria decisione su un accordo economico collettivo il cui testo era stato prodotto in primo grado dal ricorrente successivamente al deposito dell'atto introduttivo del giudizio).