(massima n. 1)
L'art. 414 n. 2 c.p.c., nello stabilire che il ricorso deve indicare il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, detta una disposizione che è riferibile alla parte e non al suo procuratore, per il quale continua ad applicarsi, anche nel rito del lavoro, la norma dell'art. 82 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 77, che limita l'obbligo del procuratore di eleggere domicilio nel luogo ove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso al caso in cui il professionista eserciti il suo ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale cui egli è assegnato. Pertanto, in controversia di lavoro, ove il domicilio eletto da quel procuratore sia nell'ambito della circoscrizione del tribunale cui il medesimo professionista è assegnato e cui appartiene la pretura presso la quale si è svolto il giudizio, la notifica della sentenza del pretore, eseguita presso la cancelleria del medesimo, anziché presso quel domicilio, è inidonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione ai sensi degli artt. 170, 285, 326 c.p.c. e 58 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice, non sussistendo l'obbligo del professionista di eleggere domicilio nel comune del giudice adito e di conseguenza — per la sua inosservanza — la possibilità di effettuare la notifica presso la cancelleria del medesimo.