(massima n. 1)
Il ricorso abusivo al credito (da intendersi non soltanto come richiesta di finanziamento attraverso gli ordinari canali bancari, ma anche come utilizzo di un sistema che consenta il pagamento differito di un debito, mediante l'assoggettamento ad un costo qual'è quello costituito da una fideiussione bancaria), rientra fra le “operazioni dolose” atte a rendere configurabile, qualora ne derivi il fallimento della società, non il reato di cui al combinato disposto degli artt. 218 e 225 l. fall., ma, in virtù della clausola di salvezza contenuta nel citato art. 218, quello di cui all'art. 223, comma secondo, n. 2, seconda ipotesi, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, posto che in tale ipotesi — a differenza che nell'altra, in cui l'evento costituito dal fallimento sia stato “cagionato con dolo” — non si richiede che l'elemento psicologico sia direttamente collegato con l'evento anzidetto ma solo che questo costituisca una possibilità prevedibile, rimanendo comunque assente, nella previsione normativa, la necessità che sussista anche lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto.