(massima n. 1)
Il giudice dell'esecuzione, nell'applicare ai fatti oggetto di diverse sentenze di condanna l'istituto della continuazione, può concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, derogando al principio di intangibilità del giudicato. Quando, viceversa, il giudice di cognizione abbia egli stesso già ritenuto operante la continuazione tra fatti oggetto di diverse pronunzie, non è consentito, in sede di esecuzione, estendere il beneficio ex art. 163 c.p. ai fatti precedentemente valutati anche sotto tale aspetto. (Nella fattispecie, la cassazione ha annullato senza rinvio l'ordinanza del tribunale — giudice dell'esecuzione — che aveva revocato l'ordine di carcerazione emesso dal P.M. per l'esecuzione di pena, irrogata ai sensi dell'art. 444 c.p.p. come aumentata a titolo di continuazione, in riferimento ad altra pena precedentemente comminata dal Gip e condizionalmente sospesa. La Suprema Corte, rilevando che il giudice del procedimento patteggiato aveva ritenuto sussistente la continuazione e non aveva disposto l'estensione del beneficio della sospensione condizionale, ha statuito che, in sede di esecuzione, non è possibile modificare, sul punto, il giudicato).