(massima n. 2)
Nel nostro ordinamento processuale penale, che non conosce le prove legali e si affida al libero convincimento del giudice, la confessione resa nelle forme di legge è un elemento probatorio da valutare senza alcun limite predeterminato e solo dando conto, nella obbligatoria motivazione, dei risultati acquisiti e dei criteri adottati; i limiti alla formazione del libero convincimento che pongono i commi secondo e terzo dell'art. 192 sono eccezionali e non suscettibili di applicazione analogica, perché mentre è stabilito per legge che gli elementi di prova ricavabili da chiamate in correità non siano autosufficienti e necessitino quindi di verifiche estrinseche, la confessione ben può costituire prova sufficiente di responsabilità del confidente, indipendentemente dall'esistenza di riscontri esterni, perché il giudice nel suo potere di apprezzamento del materiale probatorio prenda in esame le circostanze obiettive e subiettive che hanno determinato ed accompagnato la confessione e dia ragione, con logica motivazione, del proprio convincimento circa l'affidabilità della stessa.