(massima n. 1)
Il rimedio dell'impugnazione delle sentenze relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione, previsto dall'art. 288, quarto comma, c.p.c., giacché preordinato esclusivamente al controllo di legittimità dell'uso del potere di correzione sotto il profilo della intangibilità del contenuto concettuale del provvedimento corretto, non può essere esperito per censurare vizi che non attengono alle parti corrette di una sentenza, ma all'ordinanza di correzione. Tuttavia, detti vizi, ove assumano autonomo rilievo, in quanto riguardanti un punto sul quale l'ordinanza di correzione abbia avuto carattere non solo decisorio, ma anche definitivo, perché funzionalmente estraneo alla correzione della sentenza da errori od omissioni, possono essere fatti valere soltanto con il rimedio esperibile, ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso tutti i provvedimenti contenziosi di natura giurisdizionale non altrimenti impugnabili. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto al solo scopo di censurare l'omissione, nell'ordinanza di correzione, della decisione sulle spese del relativo procedimento ).