(massima n. 1)
La questione dell'integrazione del contraddittorio non costituisce, per se stessa, questione preliminare «di merito» ai sensi dell'art. 279, secondo comma, nn. 2 e 4, c.p.c., ma, piuttosto, questione processuale; né, inoltre, costituisce, comunque, questione pregiudiziale attinente al processo ai sensi della stessa norma, dato che le questioni pregiudiziali prese in considerazione dall'art. 279, cit., sono esclusivamente quelle idonee — ove decise in un certo senso — a definire il giudizio, mentre la decisione sulla integrazione del contraddittorio, sia essa positiva o negativa, non può mai porre fine al processo, che invece prosegue in ogni caso, dovendo, anche in ipotesi di decisione positiva (nell'ipotesi opposta il giudizio prosegue puramente e semplicemente tra le parti originarie), disporsi l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso, e non certo definirsi il giudizio con una pronuncia di mero rito. Pertanto l'ordinanza in proposito emessa dal giudice ha in ogni caso contenuto e natura meramente ordinatori, giammai decisori, e, conseguentemente, non può mai costituire sentenza non definitiva suscettibile di separata impugnazione o riserva di appello e, in difetto, di passaggio in giudicato.