(massima n. 1)
La fideiussione prestata da una società «controllata» in favore della società «controllante» non è riconducibile ad una donazione, qualora il contratto sia stato stipulato in adempimento di direttive impartite dalla capogruppo o comunque di obblighi assunti nell'ambito di una più vasta aggregazione imprenditoriale, in quanto in tal caso difetta lo spirito di liberalità; inoltre, al fine di accertare se essa configuri un atto a titolo gratuito o oneroso occorre verificare se l'operazione abbia comportato a meno per la società controllata un depauperamento effettivo, avendo riguardo alla complessiva situazione che, nell'ambito del gruppo, a quella società fa capo, poiché l'eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato può trovare la sua contropartita in un altro rapporto e, quindi, l'atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto incesurabile la sentenza di merito che ha ritenuto gratuita la fideiussione prestata dalla società «controllata», poi fallita, in quanto la prestazione della fideiussione non aveva apportato alcun vantaggio, neppure indiretto, alla medesima).