(massima n. 1)
In tema di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, non è legittimamente estensibile alla richiesta di liquidazione del danno biologico il principio secondo cui ricorre la fattispecie processuale della mera emendatio libelli (e non anche della — non consentita — mutatio) nella ipotesi di originaria specificazione del danno in determinate voci e di successiva deduzione, nel corso del medesimo grado di giudizio, di voci ulteriori, con correlativo ampliamento del petitum immediato, ferma restandone l'identità e l'individualità ontologica. Mentre le varie voci di danno non integrano, difatti, una pluralità e diversità strutturale di petitum, ma ne costituiscono soltanto delle articolazioni (o “categorie” interne) quanto alla sua specificazione quantitativa, il danno biologico costituisce, per converso, un vero e proprio tertium genus rispetto alle tradizionali categorie del danno civile, sicché la relativa richiesta introduce un nuovo tema di indagine e di decisione in qualunque grado del giudizio intervenga, concretando, per l'effetto, una vera e propria mutatio libelli, anche se formulata nel corso del giudizio di primo grado.