(massima n. 1)
Il vizio non formale di attività discendente dalla mancata osservanza delle sequenze procedimentali in cui è normativamente scandita la trattazione della causa in primo grado — per non avere il giudice concesso alle parti, benché richiesto, l'appendice scritta della prima udienza di trattazione, ai sensi dell'art. 183, quinto comma, c.p.c., ed avere rimesso la causa in decisione quando era ancora aperta la fase rivolta alla definitiva determinazione del thema decidendum e del conseguente thema probandum — può essere rilevato d'ufficio dal giudice del grado al più tardi prima di pronunciarsi sulla res controversa e dal medesimo rimediato attraverso l'adozione di misure sananti, espressione della capacità di autorettificazione del processo, con la rimessione in termini delle parti per l'esercizio delle attività non potute esercitare in precedenza. La mancata rilevazione di detto vizio in procedendo inficiante in via derivata la validità della sentenza, impone alla parte di dedurre la ragione di nullità con il motivo di impugnazione (art. 161, primo comma, c.p.c.), restando, a seguito della emanazione della sentenza di primo grado, sottratta al giudice del gravame la disponibilità di questa nullità verificatasi nel grado precedente (da ritenersi ormai sanata perché non fatta valere nei limiti e secondo le regole proprie dell'appello), non rientrando essa tra quelle, insanabili, rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo, anche al di fuori della prospettazione della parte.