(massima n. 2)
L'ordinanza di proroga dei termini di custodia cautelare non deve considerarsi come ulteriore provvedimento restrittivo della libertà che, come tale, esige una motivazione adeguata alla finalità perseguita. Infatti, il titolo legittimante la privazione della libertà rimane quello originario, che non può essere posto in discussione allorché il giudice ritenga di accogliere la richiesta di proroga, oggetto di censura potendo essere soltanto la valutazione compiuta circa la sussistenza, con carattere di gravità, di esigenze cautelari che impongano la protrazione della misura allo scopo di consentire il compimento di accertamenti particolarmente complessi.