(massima n. 1)
In sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale deve limitarsi a stabilire l'astratta configurabilità del reato ipotizzato; tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice (nel senso che questi debba esclusivamente «prendere atto della tesi accusatoria», senza svolgere alcuna altra attività), ma determina soltanto l'impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza; alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell'ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero; l'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti, perciò, va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come posti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica; pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro.