(massima n. 2)
In materia di stupefacenti, fuori dalla rigorosa e dettagliata normativa espressamente disciplinata dall'art. 97 del D.P.R. n. 309/1990 al fine di controllare un'attività delicatissima e soggetta ad alto rischio di inquinamento, non è consentito alcun margine interpretativo per introdurre scriminanti o cause di non punibilità per i privati collaboratori della polizia giudiziaria. Ne consegue che, fuori dalla ipotesi di cui all'art. 97 citato, il cosiddetto agente provocatore, anche se appartenente alla polizia giudiziaria, non è punibile ex art. 51 c.p. soltanto se il suo intervento è indiretto e marginale nell'ideazione ed esecuzione del fatto, se cioè il suo intervento costituisce prevalentemente attività di controllo, di osservazione e di contenimento dell'altrui illecita condotta. Egli è invece punibile, a titolo di concorso nel reato, se la sua condotta si inserisce con rilevanza causale rispetto al fatto commesso dal provocato, nel senso che l'evento delittuoso che si produce è riferibile anche alla condotta dell'agente provocatore.