(massima n. 1)
L'art. 63, comma 2 c.p.p., nel prevedere l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da chi, «sin dall'inizio» avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato o di persona sottoposta a indagine, intende riferirsi, con la suindicata espressione testuale, non all'inizio del procedimento ma solo all'inizio dell'attività di assunzione delle suddette dichiarazioni. L'inutilizzabilità di queste ultime non può, quindi, che essere limitata al singolo atto nel quale esse vengono ad essere contenute, nel presupposto, inoltre, che, salvo il caso in cui il dichiarante sia già stato formalmente investito della qualità di imputato o di persona sottoposta a indagini, l'assunzione dell'atto in questione venga effettuata ad iniziativa o, comunque, sotto il controllo dell'unico organo (il pubblico ministero) al quale istituzionalmente compete il potere-dovere di attribuire a taluno la suddetta qualità. Ne deriva che l'inutilizzabilità di cui all'art. 63, comma 2 c.p.p. non può colpire le dichiarazioni rese al giudice da soggetto il quale non abbia mai assunto la qualità di imputato o quella (equiparata ai sensi dell'art. 61, comma 2 c.p.p.) di persona sottoposta a indagini, dal momento che il giudice, a differenza del pubblico ministero, non può attribuire ad alcuno, di propria iniziativa, la suddetta qualità, ma può (e deve) soltanto verificare che essa non sia già stata formalmente assunta, sì da dar luogo ad incompatibilità con l'ufficio di testimone, ai sensi dell'art. 197, comma 1, lett. a) e b), c.p.p. (fermo restando, naturalmente, che resta in ogni caso operante, anche per il giudice, la disciplina dettata dal comma 1 dell'art. 63 c.p.p. per il caso in cui, nel corso dell'esame, vengano rese dichiarazioni autoindizianti).