(massima n. 1)
Il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità (o l'inesistenza ) di un contratto, in base all'art. 1421 c.c., va coordinato con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 c.p.c., nel senso che solo se sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, l'eventuale nullità dell'atto stesso, e che se, invece, la contestazione attenga direttamente alla illegittimità dell'atto, una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d'ufficio, nè può esser dedotta per la prima volta in grado d'appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ab origine proposta dalla parte. Ne consegue che è consentito al giudice d'appello, senza per questo incorrere nel vizio di ultrapetizione, rilevare la nullità (o l'inesistenza ) del contratto in base ad una ragione diversa da quella prospettata dall'appellante che sia rimasto soccombente nel primo grado del giudizio contro di lui iniziato per l'esecuzione del contratto, nascendo il potere-dovere del giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell'azione, anteriormente alla eventuale eccezione di nullità del convenuto, anche se proposta con riconvenzionale o, successivamente, come motivo di gravame. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato inammissibile, perché nuova, la domanda, formulata per la prima volta in appello, volta alla declaratoria di nullità delle clausole di un contratto di affitto di fondo rustico nella parte in cui le stesse prevedevano anche un compenso correlato al ricavato della vendita del prodotto legnoso ottenuto dal taglio periodico del bosco, mai effettuato, e aveva riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni per la mancata esecuzione dei tagli ).