(massima n. 1)
Le due ipotesi di reato previste dall'art. 733 c.p. (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale) e dagli artt. 11 e 59 L. 1 giugno 1939, n. 1089 (violazione delle disposizioni per la conservazione, integrità e sicurezza delle cose d'interesse artistico o storico) possono concorrere formalmente, poiché tra le due norme sussiste una diversità che riguarda non soltanto l'oggetto della tutela, ma altresì la specifica funzione tutoria alle stesse attribuita dal legislatore. Infatti, l'art. 733 c.p. è predisposto ad una generale tutela, penalmente sanzionata, del patrimonio storico ed artistico della nazione nei confronti del privato, cui eventualmente appartenga taluna delle cose che concorrono a formarlo; tale tutela, fondata sull'art. 9 della Costituzione, trova concreta attuazione in tutti e soltanto quei casi in cui alla distruzione, al deterioramento ed al danneggiamento della cosa consegua, come condizione di punibilità, un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico della nazione. Invece, la norma di cui all'art. 59 L. n. 1089 del 1939, pur essendo inclusa in una generale regolamentazione del patrimonio storico ed artistico nazionale, sanziona quei comportamenti esplicitamente commissivi (demolizione, rimozione, modificazione o restaurazione, adibizione ad usi non compatibili col carattere storico o artistico della cosa o tali da arrecare pregiudizio alla conservazione o alla integrità della stessa ecc.) che possono anche non danneggiare, deteriorare o distruggere la singola cosa d'arte o non arrecare nocumento al patrimonio storico o artistico della nazione e che assumono rilievo penale solo se ed in quanto vengano posti in essere senza l'intervento autorizzativo, che lo Stato attua attraverso gli organi appositamente predisposti (Ministero della pubblica istruzione - Soprintendenza alle autorità e belle arti).