(massima n. 1)
Nei giochi d'azzardo la flagranza costituisce condizione oggettiva di punibilità. Essa è quella propria e non la cosiddetta «quasi flagranza», che si verifica quando il soggetto è colto con cose, dalle quali appaia che poco prima ha partecipato al gioco. La partecipazione non può ritenersi avvenuta, quando si è esaurita definitivamente prima della sorpresa da parte della polizia, anche se il soggetto è presente sul luogo ed ha con sè cose od altri oggetti, che denunciano la sua pregressa partecipazione. Il gioco, invece, si considera tenuto nell'ipotesi di momentanea sospensione o d'interruzione per l'intervento degli agenti. In tal caso è, però, necessario che sussistano elementi tali da non porre in dubbio che immediatamente prima si praticasse un gioco d'azzardo. A tale prova può pervenirsi, considerando le modalità d'effettuazione dello stesso. Ne deriva che il semplice permanere nel luogo, ove prima dell'intervento della polizia, si svolgeva il gioco, anche in presenza di tracce e strumenti da gioco in atto, ma non riferibili, pur in via indiretta e mediata, all'imputato, non dimostra la suddetta partecipazione. (Nella specie non era stato sequestrato alcunché e l'imputato, insieme ad altri due, era stato trovato nel tavolo accanto, dove vi erano le carte, senza alcuna indicazione circa la riferibilità delle carte stesse al tipo di gioco asseritamente praticato, alla possibilità di svolgerlo in tre, alla funzione del mazzo di carte intonso, trovato nelle sue mani, ed al reperimento indosso di alcuni foglietti utilizzati per la cosiddetta «bassetta». La Cassazione nel fissare il suddetto principio ha annullato per una nuova valutazione del materiale probatorio).