(massima n. 1)
La legittimazione ad causam dal lato passivo (o legittimazione a contraddire) costituisce un presupposto processuale, cioè una condizione affinché il processo possa giungere ad una decisione di merito, e consiste nella correlazione tra colui nei cui confronti è chiesta la tutela e la affermata titolarità, in capo a costui, del dovere (asseritamente violato), in relazione al diritto per cui si agisce, onde il controllo del giudice al riguardo si risolve nell'accertare se, secondo la prospettazione del rapporto controverso data dall'attore, il convenuto assuma la veste di soggetto tenuto a «subire» la pronuncia giurisdizionale. Quando, invece, il convenuto eccepisca la propria estraneità al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, viene a discutersi, non di una condizione per la trattazione del merito della causa, qual è la legittimatio ad causam, ma dell'effettiva titolarità passiva del rapporto controverso, cioè dell'identificabilità o meno nel convenuto del soggetto tenuto alla prestazione richiesta dall'attore. Tale ultima questione concerne il merito della causa: per cui il giudice che riconosca fondata detta eccezione, correttamente decide la controversia, non con una pronuncia di rito sulla regolare costituzione del contraddittorio, ma con una sentenza di rigetto nel merito della domanda dell'attore per difetto di titolarità passiva del rapporto sostanziale dedotto in causa.