(massima n. 2)
Nel procedimento di estensione del fallimento previsto dall'art. 147 legge fall., il tribunale esercita poteri officiosi rispetto ai quali l'istanza di estensione presentata da un creditore (Corte cost. 16 luglio 1970, n. 142) o dal curatore o dallo stesso fallito (Corte cost. 28 maggio 1975, n. 127) non è niente più che una sollecitazione ad attuare la regola della responsabilità illimitata dei soci nei fallimenti delle società a cui si riferisce il predetto art. 147, onde il tribunale può procedere anche in mancanza di una sollecitazione qualificata; nè pertinente, si rivela, al riguardo, la disposizione di cui all'art. 8 legge fall., la cui disciplina dell'iniziativa d'ufficio - estesa, comunque, a tutte le ipotesi in cui il tribunale competente, nell'esercizio della sua ordinaria attività, acquisisca la conoscenza dell'insolvenza di un imprenditore ovvero gli indicati presupposti gli risultino dal rapporto di un altro giudice per situazioni emerse in un altro procedimento giurisdizionale - non esclude certamente la stessa quando i poteri officiosi del tribunale sono, come nell'ipotesi in esame, espressamente previsti. (Nella fattispecie la S.C. ha respinto il motivo di ricorso con cui si lamentava che il tribunale avesse dichiarato il fallimento del socio occulto su sollecitazione fatta per conto di un creditore, nel corso dell'adunanza di verificazione dei crediti, da un soggetto privo di valida procura).