(massima n. 1)
In tema di ricettazione, la sussistenza dell'attenuante di cui all'art. 648 cpv. c.p. deve essere valutata con riguardo a tutte le componenti oggettive e soggettive del fatto, e cioè non solo con riguardo alla qualità della res provento da delitto, ma anche alla sua entità, alle modalità dell'azione, ai motivi della stessa, alla personalità del colpevole ed, in sostanza, alla condotta complessiva di quest'ultimo; conseguentemente anche con riferimento alla ricettazione di una carta di identità (falsificata o da falsificarsi) non può escludersi in modo assoluto la particolare tenuità del fatto, potendosi questa ravvisare se le modalità dello stesso, il movente dell'azione e la personalità del colpevole siano tali da consentire ai giudici, secondo i normali criteri di valutazione, di considerarlo in concreto di modesta rilevanza criminosa. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto logicamente motivata l'applicazione dell'attenuante in parola basata sulla considerazione che la ricettazione del modulo ed i falsi concernenti il documento di identità erano finalizzati alla permanenza dell'imputato nel nostro Stato, sicché l'azione era tale da non destare particolare allarme sociale; ed ha altresì «decisamente respinto» l'assunto del procuratore generale impugnante secondo il quale la condizione di extracomunitario dell'imputato sarebbe un elemento «certamente indicativo di pericolosità sociale e di proclività a delinquere»: tale affermazione, ad avviso della Corte, può solo essere definita come un'affrettata ed ingiusta generalizzazione, che muove da un indiscriminato preconcetto verso persone meno fortunate).