(massima n. 1)
In virtù della normativa vigente le operazioni bancarie strettamente attinenti alla gestione del credito e del risparmio hanno natura privatistica senza che ciò escluda che il comportamento del dipendente di un istituto bancario il quale fraudolentemente o indebitamente eroghi somme di danaro a favore di un terzo, al fine di procurargli un ingiusto profitto, debba essere penalmente sanzionato, in maniera alternativa o meno, come truffa, appropriazione indebita e/o falso. Ne consegue che qualora il direttore di un istituto bancario, in collusione con un cliente ed omettendo i doverosi controlli interni, metta a disposizione dello stesso somme di danaro, accreditando sul di lui conto o pagando direttamente assegni privi di provvista, si deve ritenere consumato il delitto di appropriazione indebita e non quello di truffa, in quanto la qualità di direttore consente all'agente un'ampia e materiale disponibilità delle somme depositate in banca, rispetto alle quali, con l'attribuzione diretta o l'accreditamento al terzo egli si comporta uti dominus.