(massima n. 1)
Il riferimento al concetto civilistico di altruità non può trovare applicazione nell'ambito penalistico della appropriazione indebita, sussistendo gli elementi costitutivi dell'ipotesi di cui all'art. 646 c.p., in presenza dell'animus proprio del delitto in esame, anche, allorché la res sia, come il danaro, fungibile. Infatti, la ratio di tale norma deve essere individuata nella volontà del legislatore di sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l'autonoma disponibilità della res, dia alla stessa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che giustificano il possesso della stessa, altresì nel caso in cui si tratti di una somma di danaro. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorsi, è stata ritenuta la sussistenza del reato a carico di esercente attività di promozioni immobiliari il quale aveva omesso di consegnare le somme incassate ai venditori destinatari delle somme predette. La S.C. ha affermato che il possesso da parte dell'agente delle somme, tenuto conto dei limiti dell'incarico conferitogli, non poteva comportare, in mancanza di una espressa facoltà di utilizzazione del denaro, che un implicito divieto di utilizzazione, senza acquisizione, pertanto, della proprietà del danaro stesso da parte dell'agente, che tale acquisizione aveva sostenuto nei motivi di ricorso per escludere la configurabilità del reato di appropriazione indebita).