(massima n. 1)
L'indebita percezione dell'indennitā di disoccupazione per false dichiarazioni dell'interessato, punita dagli artt. 115 e 116 R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 e dall'art. 23 L. 4 aprile 1952, n. 218, e l'indebita riscossione degli assegni familiari, prevista dall'art. 82 D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, non integrano il delitto previsto dall'art. 640, cpv., n. 1, c.p., per la cui sussistenza č necessario, rispetto alle previsioni delle leggi speciali un quid pluris consistente in un artificio o in un raggiro pių intenso. Non č quindi sufficiente per la configurabilitā del delitto di truffa, un qualsiasi mendace comportamento o una qualsiasi alterazione della realtā da parte dell'agente nello svolgimento dell'attivitā prevista per il conseguimento dell'indennitā, essendo evidente che, a caratterizzare l'estremo dell'artificio o del raggiro, idoneo ad escludere il minor reato e a rendere configurabile quello di truffa, sono necessari una ulteriore attivitā, un particolare accorgimento o una speciale astuzia, capaci di eludere le comuni e normali possibilitā di controllo dell'ente assistenziale. Conseguentemente, in materia previdenziale, in caso di indebita percezione di detta indennitā e di quelle ad esse collegate, non č sufficiente ai fini della configurabilitā del reato di truffa, a differenza di quanto avviene in fattispecie diverse, il mero silenzio dell'interessato, anche se diretto a perseguire la frode.