(massima n. 1)
La figura di violenza sessuale delineata al comma 2 n. 1 dell'art. 609 bis c.p., centrata sull'induzione all'atto sessuale di persona in condizioni di inferioritą fisica o psichica, si distingue sia dalla fattispecie di costrizione mediante abuso di autoritą (comma 1 della stessa norma), che da quella di atti sessuali compiuti con minori degli anni sedici ad opera dell'ascendente o di altri soggetti in rapporto qualificato con la persona offesa (comma 1 n. 2 dell'art. 609 quater c.p.). L'abuso di autoritą rilevante per il comma 1 dell'art. 609 bis c.p. presuppone nell'agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, sostanzialmente dipendente dall'affidamento del soggetto passivo in ragione del pubblico ufficio ricoperto dall'agente stesso (secondo la previsione dell'abrogato art. 520 c.p.) e determina una costrizione al compimento degli atti sessuali, mentre nella figura delineata al comma 2 n. 1 della stessa norma manca una relazione siffatta e sussiste invece, per quanto viziato dalla condizione di inferioritą, un consenso della vittima all'atto sessuale. Detto consenso ricorre anche nell'ipotesi di atti sessuali con minorenni da parte dei soggetti indicati al comma 1 n. 2 dell'art. 609 quater c.p., ma tale ultima fattispecie prescinde dalla concreta soggezione della persona offesa, assegnando rilevanza al dato formale della relazione di parentela, di affidamento o di convivenza.