(massima n. 1)
Il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) è integrato dalla condotta dell'agente che sottopone la moglie ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionarle sofferenza, prevaricazione e umiliazioni, costituenti fonti di uno stato di disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di esistenza. Né l'elemento soggettivo del reato in questione può essere escluso dalla circostanza che il reo sia di religione musulmana e rivendichi, perciò, particolari potestà in ordine al proprio nucleo familiare, in quanto si tratta di concezioni che si pongono in assoluto contrasto con le norme che stanno alla base dell'ordinamento giuridico italiano, considerato che la garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali, cui è certamente da ascrivere la famiglia (art. 2 Cost.), nonché il principio di eguaglianza e di pari dignità sociale (art. 3, commi 1 e 2 Cost.) costituiscono uno sbarramento invalicabile contro l'introduzione di diritto o di fatto nella società civile di consuetudini, prassi o costumi con esso assolutamente incompatibili.