(massima n. 1)
Colui il quale mostri ad un minore infraquattordicenne delle riproduzioni fotografiche pornografiche e lo inviti, contro la sua volontà e coartandone la libertà di movimento, a comportarsi secondo le immagini e a praticare, nell'appuntamento datogli per il giorno dopo, dei “giochi proibiti” non compie un atto di libidine, che presuppone per la sua esistenza un rapporto corporale, ma risponde del tentativo di atto di libidine perché è innegabile che con tale ostentazione di foto-porno oltre ad erotizzarsi, l'interessato come di solito si verifica per tali soggetti, vengono eccitati i sensi della vittima che viene turbata nella sua naturale innocenza e nel proprio riserbo.