(massima n. 1)
In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui il fatto narrato risulti obiettivamente falso non è esclusa la possibilità di applicare la scriminante di cui all'articolo 51 c.p. sotto il profilo putativo ex articolo 59, primo comma, c.p., purché il cronista abbia assolto all'onere di controllare accuratamente la notizia risalendo alla fonte originaria, senza che l'errore circa la verità sia frutto di negligenza, imperizia o comunque colpa non scusabile. L'errore, che assume rilevanza ai fini della configurabilità della scriminante putativa, non deve vertere, perciò, sull'attendibilità della fonte di informazione, sì da poter ritenere sufficiente l'affidamento riposto in buona fede su una fonte non costituente «prova» della verità, per quanto autorevole possa essere. Ne consegue che quando il cronista fa riferimento ad associazioni o consorterie criminose, la prova di aderenza al sodalizio della persona qualificata come associata deve essere cercata solo in una sentenza di condanna dell'autorità giudiziaria. (Fattispecie nella quale il cronista aveva riferito erroneamente che alcuni soggetti erano «componenti di una potentissima consorteria di ex cutoliani»).