(massima n. 1)
Chi agisce giudizialmente per fare dichiarare la inesistenza a carico del proprio fondo di una servitù di veduta diretta deve limitarsi a provare che sul fondo del vicino si aprono delle vedute a distanza inferiore a un metro e mezzo dal confine, in quanto l'art. 905 c.c. gli dà il diritto di pretenderne l'eliminazione, e incombe al convenuto, ai sensi dell'art. 2697 c.c., per evitare il riconoscimento di tale diritto, fornire la prova di un titolo che gli attribuisca la servitù di veduta, atteso che solo se l'attore affermi che la veduta sia stata aperta in sostituzione di un'altra veduta di cui ammetta o non contesti la conformità al diritto, deve, altresì, dimostrare il presupposto su cui si basa la sua pretesa, cioè la difformità della nuova veduta rispetto a quella preesistente.