(massima n. 1)
Non sussiste contrapposizione tra diritto ed equità, atteso che il giudizio di equità richiede pur sempre il riferimento ad una fattispecie normativa e la comparazione tra norma di legge ed eventuale criterio equitativo prescelto, il quale può operare ove sia obbiettivamente giustificata una disparità di trattamento rispetto a quello che deriverebbe dall'applicazione delle norme di diritto. È, pertanto, potere degli arbitri chiamati al giudizio secondo equità applicare il diritto ogni volta in cui essi ne ravvisino la coincidenza con l'equità, ed il loro apprezzamento al riguardo si sottrae ad ogni censura, poiché un controllo su di esso equivarrebbe ad un sindacato sul retto esercizio dei poteri equitativi.