(massima n. 1)
La valutazione del carattere offensivo o non di uno scritto o di altra manifestazione del pensiero si pone, per il giudice che deve adottarla, come valutazione di un atto, in ordine alla quale esso ha l'obbligo di dare conto del convincimento cui perviene, nel rispetto dei canoni metodologici che, in maniera espressa o implicita, l'ordinamento pone: al riguardo, la regola contenuta nell'art. 360, n. 5, c.p.c. impone che la decisione impugnata debba essere convenientemente motivata su tutti i punti decisivi della controversia. Ciò implica che il sindacato di legittimità è circoscritto alla violazione del canone metodologico in sé, ed è esclusa ogni nuova valutazione del fatto rappresentato.