(massima n. 1)
L'intervento antropico sul corso di un fiume comportava — nel vigore del testo dell'art. 947 c.c. precedente alla novella di cui alla legge n. 37 del 1994 (priva di efficacia retroattiva) — la perdita della demanialità naturale del terreno reliquato ed il suo passaggio al patrimonio disponibile dello Stato, con la conseguenza che, pur rimanendo esclusa l'accessione automatica dello stesso al suolo dei proprietari rivieraschi, il medesimo poteva costituire oggetto di usucapione da parte di coloro che lo avessero posseduto uti domini. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio riferibile al previgente art. 947 c.c., ha confermato, correggendone la motivazione, la sentenza impugnata con la quale era stato individuato, nei richiamati termini, il regime giuridico del terreno residuato all'alveo originario del fiume dopo l'opera dell'uomo, riconoscendosene, perciò, la possibilità dell'acquisto per usucapione, di cui erano stati completamente riscontrati i presupposti).