(massima n. 1)
Ferma la nozione di interesse all'impugnazione, ai sensi dell'art. 568, quarto comma, c.p.p., è da escludere una sua personalizzazione nei confronti del pubblico ministero - ufficio tipicamente impersonale - nel senso di un interesse proprio della persona (soggetto fisico) che tale ufficio ha rappresentato nel procedimento e nel dibattimento, presentandovi le conclusioni: l'interesse non può che essere riferito all'ufficio, nella sua interezza, e semmai alla persona del suo capo, che può agire personalmente o per mezzo dei sostituti, ognuno dei quali deriva la propria legittimazione dall'appartenenza all'ufficio e dalla designazione da parte del capo, che mantiene la sua validità per l'intero procedimento, salva eventuale revoca. Sicché la distinzione fra interesse personale del rappresentante del pubblico ministero nell'udienza ed interesse personale del capo dell'ufficio, che singolarmente deriverebbero dal primo e secondo comma, dell'art. 570, c.p.p., è del tutto erronea, unico essendo l'interesse all'impugnazione, inevitabilmente riferito all'ufficio ed alle determinazioni del suo capo. In tale prospettiva, il secondo comma, dell'art. 570 deve essere letto come accrescitivo, e non limitativo, dei poteri del rappresentante del P.M. che abbia presentato le conclusioni, conferendogli una propria legittimazione (e non un interesse personale) all'impugnazione, che, resta dilatata ad ogni possibile soluzione e non vincolata dalle conclusioni assunte.