(massima n. 1)
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma quarto, D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, convertito dalla legge 25 febbraio 2000, n. 35 in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., che prevede che alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinnanzi alla Corte di cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse. In mancanza di tale disposizione transitoria, in base ai principi sulla successione delle leggi nel tempo, operanti anche tra leggi costituzionali, avrebbero dovuto considerarsi pienamente applicabili le norme sulla acquisizione probatoria compatibili con l'assetto normativo precedente alla modifica costituzionale, e quindi, nella specie, la disciplina dell'art. 513 c.p.p. come incisa dalla sentenza della Corte cost. n. 361 del 1998 (disciplina che, quindi, proprio per effetto di detta sentenza, doveva considerarsi costituzionalmente protetta). La normativa transitoria, lungi dal contenere l'efficacia della nuova disposizione costituzionale, ha, al contrario, sulla base di una ragionevole scelta del legislatore, determinato una limitata retroattività dei nuovi principi, che, diversamente, non si sarebbe prodotta; ribadendo peraltro, con una sorta di interpretazione autentica, che l'applicazione delle norme sull'acquisizione probatoria si esaurisce nelle fasi di merito e che in sede di legittimità si deve accertare solo il pregresso corretto governo di tali norme.