(massima n. 1)
Nei reati di concussione o corruzione il danaro dato o promesso al pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio è qualificabile come «prezzo» e non come «profitto» del reato, atteso che la dazione o promessa precede la consumazione o coincide con essa, sì da integrare il «motivo a delinquere», e non un fatto conseguenziale e successivo alla detta consumazione, quale dovrebbe essere invece quello inquadrabile nella nozione di «prodotto» o «profitto». Essendo quindi obbligatoria la confisca di detto danaro, ai sensi dell'art. 240, comma 2, n. 1, c.p., essa va disposta, in virtù del richiamo a tale norma contenuto nell'art. 445, comma 1, c.p.p., anche in caso di applicazione della pena su richiesta.