(massima n. 1)
In materia paesaggistica, l'ordine di rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi, disciplinato dall'art. 1 sexies L. 8 agosto 1985, n. 431, ha natura di sanzione penale, in quanto è applicato dal magistrato ordinario, come conseguenza obbligata della sentenza di condanna ed è espressione di un potere non meramente surrogatorio, ma primario, esclusivo, autonomo e più ampio rispetto a quello della P.A. (che è invece limitato alla demolizione). Detto ordine quindi, pur non essendo inquadrabile negli schemi pregressi, è pur sempre sanzione penale tipica. È quindi da escludere il carattere di sanzione civile, poiché il ripristino, di cui all'art. 185 c.p., pur se determinato dallo stato antigiuridico, prodotto dal reato, è connesso con un diritto puramente privato, esercitato mediante un'azione giudiziaria, anche essa privata. È da negare altresì il carattere di pena accessoria, poiché per la sua configurabilità è necessaria una specifica previsione legislativa (principio di tassatività). Ne deriva che con la sentenza di condanna deve essere, in ogni caso, ordinato il ripristino, come statuizione conseguenziale ed obbligatoria. (Nella specie l'imputato aveva proposto ricorso avverso la sentenza, con la quale il pretore aveva applicato la pena su richiesta delle parti, limitatamente all'ordine di rimessione in pristino. La Corte, nell'affermare il suddetto principio, ha ribadito che la sentenza di patteggiamento ha natura di pronunzia di condanna).