(massima n. 1)
La richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell'altra parte, non può essere modificato unilateralmente né revocato, e, una volta che il giudice abbia ratificato l'accordo, non è più consentito alle parti — e, quindi, anche al pubblico ministero — prospettare questioni e sollevare censure con riferimento alla sussistenza e alla giuridica qualificazione del fatto, alla sua soggettiva attribuzione, all'applicazione e comparazione delle circostanze, all'entità e modalità di applicazione della pena. In tale ambito, l'obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell'effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell'accordo intervenuto fra le parti. (Fattispecie in cui è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso per cassazione del P.M. per manifesta infondatezza, essendosi lamentata l'insufficienza della motivazione, ritenuta, invece, sussistente, con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, alla concessione delle attenuanti generiche e alla determinazione dell'entità della pena).