(massima n. 1)
In tema di presupposti per la riparazione dell'ingiusta detenzione, deve intendersi dolosa — e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza del diritto all'indennizzo, ai sensi dell'art. 314, comma 1, c.p.p. — non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell'id quod plerumque accidit secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è data dall'art. 43, c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto comma 1 dell'art. 314 c.p.p., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso.