(massima n. 3)
L'affermazione con la quale taluno nel corso di una conversazione regolarmente intercettata, dichiarandosi partecipe di un reato, indichi come corresponsabile anche un terzo, non è equiparabile ad una chiamata in correità e, pertanto, pur dovendo essere attentamente interpretata sul piano logico e valutata su quello probatorio, non è però soggetta, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all'art. 192, comma 3, c.p.p.