(massima n. 1)
Il divieto della cosiddetta «contestazione a catena» di cui al terzo comma dell'art. 297 c.p.p. trova applicazione in tutte le situazioni cautelari riferibili allo stesso fatto o a fatti diversi tra cui sussista connessione ai sensi dell'art. 12, comma primo, lett. b) e c), stesso codice, limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, a nulla rilevando che esse emergano nell'ambito di un unico procedimento o di pił procedimenti, pendenti dinanzi allo stesso giudice, e quindi innanzi ad esso cumulabili, ovvero a diversi giudici, e quindi cumulabili nella sede giudiziaria da individuare a norma degli artt. 13, 15 e 16 c.p.p. Tale divieto si applica a condizione che siano desumibili dagli atti, entro i limiti temporali rispettivamente previsti dal primo e dal secondo periodo del citato art. 297, terzo comma, per le diverse situazioni in essi previste, tutti gli elementi apprezzabili come presupposti per l'emissione delle successive ordinanze cautelari i cui effetti sono da retrodatare, non essendo sufficiente, ai fini della sua operativitą, la mera notizia del fatto-reato. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la Suprema Corte ha affermato che le difficoltą operative che la sua applicazione puņ comportare in caso di pluralitą di procedimenti, specie se pendenti dinanzi a distinte autoritą giudiziarie, devono essere superate facendo ricorso alla disciplina sul cumulo dei procedimenti dinanzi al giudice individuabile a norma degli artt. 13 e seguenti c.p.p., anche mediante il contributo della difesa il cui accesso agli atti nel procedimento de libertate, soprattutto dopo la sentenza n. 192/1997 della Corte costituzionale, non incontra pił limitazioni).