(massima n. 1)
In tema di compatibilità tra custodia cautelare e detenzione, il criterio stabilito dall'art. 297 comma 5 c.p.p., ai fini della decorrenza dei termini di custodia cautelare in costanza di detenzione per altro titolo, è richiamato dall'art. 298 comma 1 c.p.p. per escludere la sospensione della misura cautelare in atto, quando sopravvenga un ordine di carcerazione. La compatibilità è determinata dalla natura della misura cautelare e deve perciò ritenersi che la misura degli arresti domiciliari sia compatibile con l'espiazione della pena, infatti sia l'esecuzione di un ordine di carcerazione che il provvedimento di arresti domiciliari privano la persona della libertà di locomozione, indipendentemente dal luogo in cui è ristretta. Né l'incompatibilità può derivare da prescrizioni collaterali alla misura cautelare, che ne segnano esclusivamente le modalità esecutive, quali il permesso di recarsi in determinate ore del giorno per terapia riabilitativa presso il Sert, dal momento che esse non ne mutano la natura e gli effetti. Difatti la persona agli arresti, nel tempo limitato in cui deve trovarsi presso il centro riabilitativo, incluso quello necessario per gli spostamenti, si ritiene agli arresti anche se in diverso luogo mentre, ove non vi si rechi, si sottrae alla misura. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha confermato il provvedimento del giudice di merito che aveva ordinato la scarcerazione dell'imputato ai sensi dell'art. 300 comma 4 c.p.p. anche se, essendo l'imputato in regime di arresti domiciliari, era stato notificato ordine di carcerazione per altra condanna, non ritenendo sospesa la custodia cautelare).